19/08 Atto I: Alta Badia
Arrivato ieri dopo quattro ore di viaggio (traffico a Peschiera) in Val di Selve trovo il mio hotel e l'accoglienza tedesca riseva piacevoli sorprese: uno i tedeschi se li immagina rigidi e schivi al limite del fastidioso e sono proprio così, almeno i primi due che incontro, poi gli altri devono essere naturalizzati e sono stati accoglienti e gentili. Bene, ma non benissimo. Davanti all'hotel c'è una pasticceria e siccome non ho mangiato ci faccio un salto: strudel fantastico e anche il bombolone. Tiro sera in qualche modo, guardando il cielo intimorito principalmente e poi via, cena in solitaria e poi, alle 21:00, presentazioni con gli altri biker del tour del giorno dopo. Alta Badia.
Presentano una linea e diverse varianti per tutti i livelli di difficoltà, dicono ci saranno due guide e che buona parte delle risalite le si farà in modo meccanico. Si uniscono solo in tre viste le previsioni avverse, padre e due figli. Partenza ore 8:30. Mi permetto un appunto: all'affermazione "si capisce tutto da come uno sta in bici" uno strano individuo dice "io ho una Bronson" e io lo guardo e penso "si, ma non sei Steinbock", lascio stare che l'affermazione non aveva senso e passiamo oltre...
Mi presento con discreto anticipo e stringo la mano alle due guide, sorrido un po', convenevoli e partiamo, la guida che sta davanti con me (ebbene si, oggi me li lasciavo dietro gli altri, mtb Stezzano ride fastest) è molto simpatica, mi mostra in meno di un km uno nosepress da manuale, due bunny hop da mezzo metro e un po' di manual, così per gradire. Intanto piove come dxx la manda.
Prima risalita e prima discesa: un single trail non troppo pendente in cresta, ghiaioso e con tornanti stretti, scendo bene, il surplace ha il suo senso perché da fermo gestisco bene il mezzo e la traiettoria. Arriviamo in fondo e via di un trail largo e fatto per il freeride, paraboliche (me le spiega, mai fatta una prima d'oggi) e scendo non male, poi un po' di strada bianca. Un pump truck carino nel bosco e un po' di pineta con sassi e aghi di pino.
Seconda risalita e seconda discesa: radici bagnate che mettono in difficoltà, davvero infide, ma io ricordo i consigli di Corne90 e non tocco il freno, ci entro perpendicolare e deciso e me la cavo, salvo uno scivolone da piede a terra.
Terza risalita e pranzo: arriviamo in cima e un piatto di tagliatelle ai funghi, una bionda e una fetta di torta non me la leva nessuno, intanto ha smesso di piovere. Ah: non vi parlo dei panorami stupendi perché le nuvole erano basse e non vedevo a cinque metri dal mio naso.
Ho perso il conto, ci sarebbero altre quattro risalite o cinque, ve la faccio breve: pietraia, ripidoni e poi il momento clou dove la guida esperta mi dice "loro vanno a sinistra, tu con me a destra", non ho il tempo di obiettare che sono su un tecnico su roccia cattivo cattivo, poi un single track veramente ripido su terreno fangoso, una roba che non so come ho fatto a superarla senza metter giù il piede. Arriviamo in fondo e mi batte il pugno,mi dice bravo (e io penso un po' a tutti voi, grazie ragazzi) e mi lascia al suo collega che mi fa fare l'ultimo km su strada.
Detto questo vi lascio, domani dovrei avere il Sella Ronda se non erro, maggiori info se torno vivo

20/08 Atto II: Sellaronda
Prima di tutto Sellaronda si scrive tutto attaccato e non staccato come sopra, secondo è stato un tour di 9 ore ai limiti dell'umano.
Sette risalite meccanizzate e tanti metri di dislivello negativo che mi sono amputato le dita e guidavo con i denti tanto mi facevano (e mi fanno ancora) male.
Bando alle ciance: partiamo con il sole e i primi trail sono praticamente gli stessi di ieri, con qualche piacevole variazione sul tema (mi sono dimenticato di dirvi che ieri ho visto una volpe, anomale stupendo), poi arriva una serie di single track nei boschi abbastanza cattivi (fate conto però che io opto sempre per la variante incazzata, mentre uno potrebbe fare il ghiaione, le guide son tre e Patrick mi trascina sempre dietro verso discese folli). Alcune considerazioni: sui ghiaioni di trasferimento i tedeschi mi mangiano, nel tecnico scassato e in particolare su roccia io mangio loro, anzi, loro proprio scendono. Su uno rischio anche io - pietra bagnata, stretto e scassato mica da ridere - e un simpatico biker di un altra escursione mi rimbrotta che francamente "se non sei capace fai come me scendi a piedi" mi avanza visto il tono arrogante e che alla fine ho messo il piede a terra e non il muso, gli rispondo comunque, educatamente "se volevo farla a piedi portavo le racchette, non la bici".
Ci fermiamo a mangiare dopo uno scivolone tra fango e erba e qualche secchiata d'acqua dal cielo che ha ridotto i sentieri uno schifo... ci avete creduto? Scherzavo, erano già uno schifo. Aspettiamo un po' nella speranza esca il sole e invece nada, nuvole basse e un freddo infame, fate conto ho toccato la neve oggi.
Sono stanco, mi fan male le mani e ho freddo: ma ora arriva al parte cattiva devo restare concentrato, mi mangio una barretta, apro tutto, spompo al minimo storico e via, una trai da far accapponare la pelle, fango, radici e roccia in un mix letale e ripido al limite dell'immaginabile, mi ci vedo Alca o Stainbock a scenderci, me li immagino mentre scendo a piedi. Per 400 metri spingo.
Poi ancora roccia, e sulla roccia vado bene, tecnica, scassata, non troppo pendente, nessun problema di sorta, mi ci diverto, un po' di discese di trasferimento, fango, altro fango, altro fango ancora, poi fango, fango, fango, ancora fango, altro fango, fango. Piccole fosse da cappottone, quattro o cinque e poi asfalto, due km e sono in hotel.
22/08 Atto III: Sotto le Odle
Parte il tuor di oggi e io non sono in vena, vedere il cielo sempre grigio pronto a scaricare e non poter godere del sole, del calore o di un panorama in una settimana (salvo poche ore al giorno e per le restanti giù pioggia) è frustrante, non parto entusiasta, ma parto, perché non si molla.
Oggi si sale con la bici e non con le meccanizzate, ne sfruttiamo solo una per arrivare a 2500 mt e mangiare al rifugio e poi goderci l'ultima discesa da oltre 1000 mt D-, ma di questo parlerò dopo. Eravamo su strada, trasferimento fino a Ortisei e poi via in salita, quella vera, sterrata, con punte del 25%, quelle che ti stanno addosso, che non ti mollano, ci provo, ma sembra il cambio non voglia funzionare: come metto il rampichino mi cade la catena tra il rampichino stesso e la ruota, l'ho smontata 4 volte, anche a regolare non risolvo nulla, anche la guida ha un problema, ma insieme riusciamo a risolvere. Scalata funestata, ma non ho comunque spinto se non per qualche metro.
Poi le prime discese cattivelle e incomincio a sentire dolore alle mani, fatico a frenare e fa freddo e pioviggina e io non riesco a reagire. Saliamo e scendiamo, pinete, ostacoli, radici, legno che bagnato è un attimo trovarsi a terra, però la cosa inizia a piacermi, in particolare un trail veloce in pineta che quando meno te lo aspetti passaggi su pietra divertenti, belli scassati.
Arriviamo in baita e speck, uova e patate e una cola mi fanno riprendere del tutto, sono carico, arriva la parte incazzata ora e non posso mollare: un single track esposto, con passaggi su roccia e fango a tratti e ripidoni mai estremi ma nemmeno da sottovalutare, diversi scendono, io decido che piuttosto metto il cuxx per terra, ma di scendere non se ne parla, arrivano poi passaggi stretti al limite, uno o due li aggiusto con il piede, discesa su ghiaione con ostacoli (sapessi fare il manual... invece ho dovuto risolvere con qualche impennata e alleggerendo il posteriore), poi gradini di legno che davvero viscidi è dire poco (la parte più brutta), su uno freno e mi parte il posteriore, salvo in corner, ma ho rischiato grosso, poi di nuovo pineta e strada, arrivo in hotel e birretta con il gruppo di tedeschi, che non ci capisco un caxxx di quello che mi dicono, ma batti il pungo e due sorrisi e va bene uguale.
Oggi la stanchezza mi ha tolto qualcosa, ma c'è da farci i conti e ho raidato non male, ho fatto quello che potevo con quello che avevo nelle gambe e sopratutto nella testa, sono comunque contento.
Oggi era l'ultimo giorno con Patrick, la guida che mi trascinava nelle cose più dure e cattive, ci siamo salutati con una birra e sento che domani mi mancherà, ma anche che alla fine mi ha dato quelle due o tre dritte che me lo faranno ricordare per molto tempo.
23/08 Ultimo atto: Sellaronda antiorario
Ieri sera mi lascio convincere dai miei vicini di tavolo e mi aggrego ad un tour extra, già pensavo di aggiungere un giro, ma ero anche un po' stanco.
Il cielo promette di punirci e di fatti la pioggia inizia pochi minuti dopo che siamo usciti dall'hotel ed è intensa, constante, fa anche un freddo infame. Vedo anche i miei compagni accusano, cerco di fargli qualche complimento: “stai scendendo bene”, ma il crollo di testa è prossimo, non si scattano foto a sto giro, non si parla molto, si cerca di sopravvivere.
1200 mt D+ tutti su sterrato da pedalare, con una pioggia che peggiora ogni minuto, ci rifugiamo nelle salite meccanizzate per poi uscire e patire il doppio, tremo più per i brividi che non per lo scassato, cerco di dirmi: “ancora questa ed è fatta, dai ancora poco, dai dopo mangiato son solo altre due ore”. Funziona poco.
Arrivo in baita. Ho un asso nello zaino: una felpa termica che però non serve a molto, sono fradicio nonostante l'impermeabile, ho la terra anche nelle mutande (non chiedetemi come ci sia arrivata). Mangiamo e io opto per speck, salsiccia e patatine per star leggero, una cola per digerire e il freddo che mi fa battere ancora i denti, tanto che la proprietaria mi guarda e dice: “tieni, questa scalda”, era buonissima grappa al ginepro. Sorrido e esco.
Resta poca salita e tanta discesa, i trail più incazzati li ho ancora davanti perciò cerco di stringere i denti, ma ho freddo, incomincia il mal di pancia e il calore della grappa al ginepro è solo un ricordo. Non so che dirvi: avrei pagato per un raggio di sole e invece giù pioggia peggio.
Due rinunciano prima della salita: taxi e via verso l'hotel, io è un altro non molliamo. Pedaliamo. Silenzio.
Arriviamo in cima dopo una meccanizzata, manca mezz'ora e siamo in hotel, dopo basta lavare la bici e un ora di doccia calda non me la leva nessuno.
Incominciamo a scendere e il mio compagno spacca il disco del freno posteriore: glielo tolgo e gli consiglio di spingere o al massimo di optare per la strada, cosa che fa. Resto solo con la guida. “Non ti fermare più” le ultime parole che principierò nella giornata.
Scendo forte in pietraia e poi asfalto e sono a casa, unico sopravvissuto ad un giro che mi ha portato al limite psicologico: avrei voluto mollare, due o tre volte ero lì lì per gettare la spugna, ma ho resistito, stretto i denti e pedalato, mantenuto la concentrazione e i nervi saldi. Sono contento. Di tutto.
