Defibrillatori in ogni rifugio: sì o no?

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Defibrillatori in ogni rifugio: sì o no?

Messaggio da TARTA »

Autore: G.C. Agazzi - Commissione Medica Cai Bergamo
Fonte: http://www.montagna.tv


BERGAMO – Dalla Svizzera all’Italia, in molti rifugi alpini si sta diffondendo la presenza di defibrillatori portatili per il primo soccorso di escursionisti colpiti da arresto cardiaco. E’ effettivamente utile la loro presenza, o si tratta di una spesa non giustificata dal numero di soccorsi di questo tipo che avvengono in montagna?

Prendo spunto da un articolo comparso sulla rivista del Club Alpino Svizzero nel mese di novembre 2012 per parlare di un argomento molto attuale e direi pure di moda: l’utilizzo dei defibrillatori portatili (DAE) nei rifugi alpini, di cui si sta parlando da qualche.

Il DAE è in grado di ristabilire un ritmo cardiaco normale in caso di fibrillazione ventricolare, una forma gravissima di aritmia cardiaca, in quattro casi su cinque responsabile di un arresto cardiaco. Tale apparecchiatura non è più grande di una borsetta e indica in modo acustico ai profani passo dopo passo il modo corretto di procedere. Quando gli elettrodi aderiscono al torace del paziente l’apparecchio diagnostica l’eventuale presenza di una fibrillazione ventricolare e, in caso affermativo, avverte il soccorritore di far partire la scarica elettrica che riporta in ritmo il cuore del paziente. I DAE richiedono una scarsa manutenzione. La batteria va sostituita, infatti, ogni tre- cinque anni in caso di non utilizzo. I tamponi degli elettrodi vanno sostituiti,invece, dopo ogni utilizzo.

Sulla pagina web di accoglienza della capanna Prafleuri in Canton Vallese, in Svizzera, si legge la frase “ la capanna è dotata di un defibrillatore”. Tre anni fa in questa capanna è deceduto un uomo a causa di un arresto cardiaco. In seguito all’incidente la famiglia della vittima fece dono di un defibrillatore da porre nella capanna.

Babeth Dayer, la custode della capanna, sollevò la questione riguardante l’utilizzo dei DAE nei rifugi in seno nell’ambito dell’Association Groupe Romande des Cabannes Suisses. L’Association si rivolse alla Lotterie Romande con l’intento di finanziare i defibrillatori per tutti i rifugi. Fu così che la Lotterie Romande offrì a ognuna delle 73 capanne custodite del Canton Vallese un DAE con un costo di 1850 franchi svizzeri per apparecchio.

L’iniziativa ha esercitato una certa pressione morale sul resto della Svizzera. La Commissione Capanne del Club Alpino Svizzero, infatti, a sua volta nello scorso mese di giugno 2012 ha valutato l’iniziativa, rivolgendosi alla Società Svizzera di Medicina di Montagna (S.S.M.M.). Quest’ ultima ha risposto affermando che “attualmente non vi sono prove sufficienti o motivi scientifici tali da giustificare una diffusione capillare di DAE nelle capanne del Club Alpino Svizzero”. La Commissione Capanne ha approvato quanto detto dalla S.S.M.M..

Sorge a questo punto una controversia. Da una parte c’è Jean Pierre Deslarzes, medico vallesano, secondo cui sarebbe giustificato l’utilizzo dei DAE nelle capanne svizzere perché vi soggiornano visitatrici e visitatori che hanno sostenuto sforzi intensi a quote elevate, e i soggetti oltre i cinquant’anni possono essere ritenuti a rischio di patologie cardiache.

Dall’altra c’è Urs Hefti, Presidente della S.S.M.M. che non ha trovato nella letteratura scientifica alcuna indicazione in grado di dimostrare che in montagna si verifica un maggior numero di eventi cardiaci rispetto alla pianura. Coloro che si dedicano a faticose escursioni in montagna sarebbero fisicamente più in forma rispetto alla media della popolazione che frequenta altri luoghi. Il consiglio è rivolgersi alla Società Svizzera di Rianimazione ( Swiss Resuscitation Council, SRC) che ha emanato delle linee guida circa l’utilizzo del DAE a proposito dell’esatto posizionamento di un DAE. La SSMM propone a questo punto di installare un DAE in luoghi dove un caso di arresto cardiaco con ritmo defibrillabile si sia verificato ogni cinque anni ,oppure dove almeno 250 persone di età superiore ai 50 anni sostino per più di 16 ore al giorno. Una considerazione a parte andrebbe fatta per le capanne molto frequentate soprattutto da persone anziane. Altro caso a parte quello delle capanne facilmente raggiungibili a piedi o tramite impianti di risalita dove si verifica un grosso transito di persone.

Hefti sostiene comunque che “un arreso cardiaco è un evento estremamente raro in una capanna alpina”. Ancora Hefti afferma che “il DAE è solo una tessera del puzzle che potrebbe persino tramutarsi in falsa sicurezza; siccome, inoltre, le possibilità di sopravvivenza si riducono del dieci per cento con ogni minuto di ritardo, l’applicazione del DAE rapida e conseguente è assolutamente essenziale”.

Attualmente non si è in grado di neppure di dire con esattezza con quale frequenza questi eventi cardiaci si verifichino in montagna e quali siano le misure più efficaci da adottare.
A questo punto il Club Alpino Svizzero intende valutare in quali capanne potrebbe essere sensato porre un DAE. Non dovrebbero in realtà essere molte.

Altro fattore importante e oltretutto indispensabile è la formazione del personale e in particolare dei custodi delle capanne, che vanno formati con appositi corsi di BLSD.

Anche presso i rifugi del CAI di Bergamo da alcuni anni sono stati collocati dei DAE grazie al Progetto Bergamo Rifugi. I custodi dei rifugi sono stati formati con dei corsi di BLSD e continuano la formazione seguendo ogni anno corsi di retraining. L’iniziativa continua con un certo successo, grazie anche alla collaborazione del servizio 118 ora 112 degli Ospedali Riuniti di Bergamo. Lo stesso sta succedendo in altre regioni italiane.

Ma la questione resta aperta. Solo tra qualche tempo sarà possibile dire se l’installazione dei DAE nei rifugi alpini rappresenti o meno una buona idea e se si tratti di un sistema efficace per salvare la vita di tante persone.
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Re: Defibrillatori in ogni rifugio: sì o no?

Messaggio da TARTA »

Pronto intervento, 10 defibrillatori nei Rifugi delle Orobie

La tempestività in certi casi è tutto. Un minuto in più o in meno può valere addirittura una vita umana. È il caso delle alterazioni elettriche del cuore, ovvero delle cosiddette fibrillazioni ventricolari, che ogni anno colpiscono l'uno per mille della popolazione e che possono essere efficacemente trattate solo se il primo soccorso avviene al massimo entro 7-8 minuti. Anche in montagna, dove purtroppo la distanza dalle strutture sanitarie rende tutto più complicato.

Proprio per questo, l'onlus Bergamo Vita, assieme al servizio di pronto intervento 118, all'Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri, all'Ordine dei medici della provincia di Bergamo, al Cai di Bergamo, al Soccorso alpino e all'Akja (l'associazione volontari soccorso e sicurezza piste da sci), ha deciso di estendere ai rifugi delle Orobie il progetto avviato nel 2001 per organizzare una rete in grado di contrastare la morte cardiaca. Al termine di un percorso di educazione sanitaria che ha coinvolto 22 persone, sono stati così consegnati dieci defibrillatori ai rifugisti del Cai (Alpe Corte, Laghi Gemelli, Calvi, Rifugio Longo, Brunone, Coca, Curò, Albani, Tagliaferri e Gherardi).

La defibrillazione - ha sottolineato Margherita Rossi del 118 di Bergamo - è l'unica terapia in grado di interrompere l'attività scoordinata del cuore, riportandolo a un ritmo compatibile con la vita. Se eseguita entro 5 minuti dal collasso può salvare molte persone. Per questo dal 2001 abbiamo cercato di estendere la cosiddetta catena della sopravvivenza ai luoghi con grande affluenza di popolazione.

I rifugi delle Orobie - ha aggiunto Luca Barcella della Commissione medica del Club alpino italiano - rientrano certamente in questa categoria anche se nessuno prima d'ora aveva ancora pensato di coinvolgerli in un'iniziativa del genere. Ovviamente non si tratta semplicemente di dotarli di defibrillatori: questo è solo l'ultimo passo di un programma di formazione sanitaria che ha coinvolto i rifugisti orobici per un anno intero. A prevederlo è legge 120 del 2001 secondo cui l'utilizzo del defibrillatore semiautomatico è consentito anche in ambiente extraospedaliero da parte del personale non medico appositamente formato.

Con i dieci apparecchi appena consegnati, il numero dei defibrillatori distribuiti sul territorio provinciale, grazie al progetto Bergamo Vita, sale così a 105: Ciò che vorrei sottolineare - ha concluso il presidente dell'Ordine dei medici Emilio Pozzi, affiancato da Oliviero Valoti, responsabile del 118 di Bergamo, dal presidente del Cai Paolo Valoti e dal presidente della Commissione medica dello stesso sodalizio Daniele Malgrati - è che questi importanti strumenti sono stati acquisiti senza l'intervento di alcuna grossa istituzione o banca, ma semplicemente grazie al contributo dei singoli cittadini cui deve obbligatoriamente andare tutta la nostra riconoscenza.
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Fonte: AREU - Azienda Regionale Emergenza Urgenza http://www.areu.lombardia.it/si4web/jpo ... =304&rev=0


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Re: Defibrillatori in ogni rifugio: sì o no?

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